Silvi e la tradizione marinara

Le acque dell’Adriatico lambiscono la costa del litorale abruzzese, a volte accarezzandolo, altre infuriando con la potenza di tempeste e mareggiate.

Ed è proprio  il mare che ha forgiato nel corso dei secoli il carattere della  “gente” dei suoi paesi, rendendo la pesca una fondamentale risorsa: nasce così la cultura marinara, con il suo patrimonio di storie, tradizione, folklore ed enogastronomia.

La tradizione marinara di Silvi è antica e profonda: numerose generazioni di famiglie di pescatori hanno intrapreso le loro attività in questa cittadina, rendendola una tra le più grandi marinerie d’Abruzzo, distinguendosi in particolar modo dalla metà del diciannovesimo secolo fino agli anni cinquanta del novecento.

Prima dell’avvento dei pescherecci a motore, come testimoniato da splendide foto d’epoca,  le spiagge di Silvi erano costellate dalle pittoresche paranze, tipiche imbarcazioni per la pesca a strascico dalle caratteristiche vele colorate, con sfumature di giallo e rosso. Le paranze procedevano a coppie (dal latino PAR: uguale, alla pari) e ciascuna di esse tirava l’ala di una rete a strascico. A queste imbarcazioni a vela si affiancavano barche più piccole in legno chiamate lancette. Con le modernizzazione della marineria subentrarono ad esse le motobarche e le lampare.

L’attività della pesca ha sempre svolto la funzione di collante tra i due nuclei principali della cittadina: Silvi Marina e Silvi Paese. Molte erano infatti le famiglie di pescatori che risiedevano nel borgo e proprio qui intorno alla metà dell’ottocento si aprì un cantiere per la costruzione delle imbarcazioni. Una volta pronte, quest’ultime venivano calate “alla marina” per mezzo di un ingegnoso sistema di travi, funi e carrucole che servivano a far letteralmente scivolare le barche dalla collina alla marina, con l’ausilio della forza umana e dei buoi, che fungevano da contrappeso lungo i ripidi tratti del sentiero 

“Croce e delizia” il legame dei pescatori con il mare. Seppur immersa nella bellezza della nature e delle acque, la vita de “li marinar” era dura e piena di sacrifici: lunghi giorni e notti in mare, bagnarsi nelle gelide acque anche nelle stagioni più ostili, la pena delle donne rimaste a casa che attendevano.  Molti poi sono gli aneddoti su alcuni pescatori leggendari, quasi figure mitiche che “scrillej lu fiumminand sott a li pit” (accendevano i fiammiferi sotto il loro tallone) e si bivej lu vin nir chi li fillichj (bevevano il vino rosso con i fichi) senza avere alcun problema di digestione.

In questa pittoresca cornice prende vita la tradizione culinaria marinara di Silvi, antiche ricette legate alla vita dei pescatori riportate sulle tavole di oggi: primo fra tutti è il ricco e gustosissimo “Brodetto alla silvarola”,  la zuppa di pesce tradizionale. Lu brudett o lu vridett (così come chiamato nelle accezioni dialettali) era originariamente un piatto povero che i pescatori preparavano con tutto il pescato invenduto, composto principalmente da pesci di piccolo taglio, difficili da smerciare (zanchette, merluzzetti, cicale di mare, triglie, seppioline) . La zuppa prevede una cottura lenta e delicata degli ingredienti, che sono immersi nella tradizionale salsa di pomodoro e non vanno girati con forchette o cucchiai, è semplicemente necessario vuscicare (scuotere) lentamente il tegame.

Il brodetto di pesce è diffuso lungo tutta la costa abruzzese e ciascun paese propone la sua variante di preparazione, ma l’amore per questo piatto della tradizione è davvero profondo, tanto che Giulio Sigismondi, uno dei più grandi poeti dialettali della regione gli dedicò la canzone “L'arta cchiù prelibate” (1947),  che oltre a descrivere scena di vita marinare  ci riporta il procedimento di preparazione del brodetto: 

[…]Oh quand'è bell'a fa' lu marinare, lu marinare
lu pesce a ripurtà nghi lu panare, nghi lu panare
pripare nu brudette, micce nu risciulette,
micce na cianghittelle, lu merluzzette, na sbanattelle,
micce la siccitelle, micce la panucchielle... 
N'arte chiù prelibate ngi sta a lu monne, larillirà! 

Ancora tra i piatti della tradizione culinaria legata al mare di Silvi si possono elencare gli spaghetti con le paparazze (così come sono chiamate localmente le vongole), li caracò (lumache di mare)pipindun e sardell sfritt (peperoni con sarde soffrite con olio e peperoncino) e la papalin, pesce azzurro di piccolissimo taglio preparato con la pastella.

 

Bibliografia:
De Carolis Lamberto, Silvi – storia, folclore e turismo (Edigrafital  - Teramo 1970)
Spitilli Giovanni, Silvi – storia, leggenda, realtà (Ursini- Catanzaro 1999).
Costantini  Franco- Ottavio Scianitti, Per le vie del Borgo (Silvi 15, Tipografia Hatria 2016).
Martocchia Paolo, Le perle di Silvi (Grafiche Martintype, Colonnella 2014).
Pradelli Molinari Alessandro, La cucina abruzzese, Newton & Compton, Roma 2000)

Dal web:

https://www.ilcentro.it/teramo/silvi-ricorda-la-tragedia-della-banda-1.1609946
https://www.rete8.it/cronaca/centenario-della-tragedia-della-banda-musicale-giornata-della-memoria-per-silvi-e-chieti

Francesco Bonomi, Dizionario etimologico della lingua italiana ONLINE

https://www.folkmusicworld.com/larte-cchiu-prelibbate-musica-popolare-abruzzese
https://www.ilcentro.it/teramo/il-brodetto-alla-silvarola-diventa-un-prodotto-doc-1.454570